Oggi è il 14 marzo 2020 sabato della seconda settimana di Quaresima, i testi della Messa sono: Michea capitolo 7 versetti 14 - 15 e versetti 18 - 20 vangelo di Luca capitolo 15 versetti 1 - 3 e versetti 11 - 32.
Oggi inizio con una poesia inviatami da Carla, la nostra amica di Napoli. La poesia è di Mariangela Gualtieri, poetessa contemporanea. Il titolo è " 9 marzo 2020", ne leggo una strofa:
"Questo ti voglio dire,
ci dovevamo fermare.
Lo sapevamo,
lo sentivamo tutti
che era troppo furioso il nostro fare.
Stare dentro le cose.
tutti fuori di noi.
Ci dovevamo fermare
e non ci riuscivamo.
andava fatto insieme..."
Questi versi ci hanno messo in situazione e ci introducono anche alla liturgia. Il profeta Michea entra subito nel vivo ci mette nel cuore una fiduciosa e trepidante speranza "come quando sei uscito dall'Egitto, mostraci cose prodigiose!" noi pensiamo a qualcosa di spettacolare, di strabiliante in un qualche luogo sontuoso. Invece niente di tutto questo, siamo forse a Cafarnao in un incrocio di vie o in una piazzetta. Subito l'evangelista Ci descrive la scena. Eccole le persone semplici mescolate a dei poco di buono, gente che non conta, vista con sufficienza e con sospetto dai benpensanti. Sono tutti lì per ascoltare. Più discosto il gruppetto degli uomini di potere scribi e farisei, sospettosi con negli occhi ben visibile il disappunto e la critica mormoravano.
Proviamo a immaginare: Gesù ha il cuore sulle labbra, gli occhi che brillano, il volto intenso e caldo. Sta per rivelare il centro del messaggio che il Padre gli ha affidato: Dio è padre, e ama sempre e comunque i suoi figli rispettando sempre e in ogni situazione ognuno di loro e la loro libertà. Ancora una volta è Papa Francesco ad aiutarci:
"Dio non ti ama perché pensi giusto e ti comporti bene, ti ama e basta... Puoi avere idee sbagliate puoi averne combinate di tutti i colori, ma il Signore non rinuncia a volerti bene" (omelia della notte di Natale 2019).
E la casa è come il centro caldo della preoccupazione per un figlio che è lontano, poi improvvisamente s'infiamma di luci di festa per il suo ritorno. Ma per un figlio che torna ce n'è un altro che si rifiuta di mettere piede oltre quella porta, e il padre, instancabile, esce ancora per ricomporre l'unità della famiglia. La festa non può continuare se un figlio rimane fuori. Sì, Dio, il Padre è un tessitore appassionato e mai rassegnato, pur di riaccogliere un figlio e riunire la famiglia: per aiutare a capire che ognuno è ricchezza per l'altro, che la condivisione non impoverisce, ma porta vitalità e fa stare meglio tutti, e far capire anche che è fondamentale rientrare in se stessi (come si dice del figlio giovane che, lontano e affamato, rientro in se stesso) per sentire il richiamo, il desiderio, la nostalgia della casa paterna il luogo della propria autenticità.
Mi piace terminare con un'altra strofa della stessa poesia dell'inizio:
"Adesso siamo a casa...
È portentoso quello che succede,
e c'è dell'oro, credo,
in questo tempo strano.
Forse ci sono doni,
se ci aiutiamo.
C'è un molto forte richiamo
della specie ora,
e come specie adesso
deve pensarsi ognuno.
Un comune destino ci tiene qui,
lo sapevamo ma non troppo bene.
O tutti quanti o nessuno."
Ancora buona e benedetta giornata a tutti, aiutiamoci gli uni gli altri, e stiamo vicini, come a ciascuno è possibile, a tutti coloro che soffrono.
Vostro p. Enrico sj
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